Perché medicina e territorio

Oggi il territorio, a parole, é al centro dell'attenzione dei politici e degli amministratori del Servizio Sanitario Nazionale. La medicina generale, da sempre alla prese con le criticitá del "territorio", dovrebbe essere il fulcro di tutto. Questo blog , perciò, vuole porsi come luogo di stimolo, di controllo, di esposizione dei fatti e di opinioni di parte (la medicina generale). Vuole interagire con quanti, interessati da questa "riforma" , vogliono condividere le proprie aspettative ,le proprie ansie , le proposte ,le denunce e non sono disposti ad essere considerati come semplici pedine. PARTECIPA SU FACEBOOCK (https://it-it.facebook.com/ ); ISCRIVITI AL GRUPPO " MEDICINA DEL TERRITORIO" SEGUI SU TWITTER : @Med_Territorio

martedì 16 ottobre 2012

Fin dove si potrebbero spingere le politiche riformatrici d'un governo tecnico....


Si segnala questo bellissimo articolo di Luciano Randazzo apparso su L'Opinione , www.opinione.it , del 24 Agosto 2012 sulla deriva del ruolo della medicina di famiglia. Una relazione interessante che, finalmente, rende giustizia , anche sulla stampa, alle ragioni della nostra professione, minacciata dalla politica e da certi sindacalisti di "Palazzo" che, ogni giorno, vendono la nostra professionalità e rendono un cattivo servizio ai cittadini. 

Fin dove si potrebbero spingere le politiche riformatrici d'un governo tecnico composto d'autocrati d'altissimo profilo tecnico? Questa domanda se la stanno ponendo in tanti da circa nove mesi, certi che l'eliminazione di alcuni viatici non risolva il problema economico italiano. Dal 16° secolo c'è memoria scritta della tradizione romana del viatico, cioè la comunione amministrata ai moribondi, e con essa quelle cure che pongono il medico cristiano nello stesso solco che fu del pagano Esculapio. Eppure il medico di famiglia a cui sono abituati gli italiani potrebbe estinguersi. La maggioranza della popolazione non vuole che anche il medico di famiglia, per una scellerata quanto inconsistente politica sanitaria, possa scomparire. "Ce lo chiede l'Europa" non basterebbe a giustificare la scomparsa della figura del medico. La nostra tradizione romantica ci ha abituato ad apprezzarlo, a farlo diventare un nostro caro amico che ci accompagna nei momenti difficili. Quando per quel bene primario che è la nostra salute inizia un cammino che non vorremmo mai compiere. L'eliminazione del medico di famiglia equivarrebbe all'ennesima scelta calata sulla nostra Italia da una politica asservita alle scelte europee. Eppure il medico di famiglia, figura sempre troppo poco considerata, è d'importanza primaria, è l'avamposto della medicina. Quella vera, difficile, autentica. Che sta fuori dalle ovattate stanze dei primariati. Scevra dall'inquinamento politico, anche se ora sta subendo forti aggressioni che ne vorrebbero corrodere il ruolo. Non è demagogia. I fatti ci danno ragione. E siamo certi che gli ingorghi al pronto soccorso saranno il primo risultato di questo futuro stravolgimento. Già da qualche anno s'assiste a sistematici attacchi al ruolo, alla professionalità, alle competenze del medico di famiglia. Attacchi spacciati per tutela degli interessi dei cittadini. Grazie a queste campagne demagogiche, il medico di famiglia rischia di finire a spasso. Pur non avendo seguito corsi specifici, grazie al suo buon senso e a tanta pazienza, fronteggia ansie e malcontenti dei pazienti. I dati ci dicono che il medico di famiglia riduce di oltre l'80 % i carichi del pronto soccorso: evidentemente è scelta europea trasformare i nostri nosocomi in quartieri a mezzo tra lazzaretti e corti dei miracoli. Dal medico della mutua, tanto esaltato da Alberto Sordi nella cinematografia della Prima Repubblica (certamente con buona dose di verità), si è passati al "medico di base", e in ossequio alla cosiddetta "medicina democratica". Anche il medico doveva essere l'espressione di una democrazia partecipativa: in Italia tutti sono diventati "di base" dagli insegnanti ai genitori, quindi anche il medico ci stava bene nella visione di Pci e Cgil di fine anni `70. Ma, superata quella fase, è stata trovata una tranquilla definizione: più serena e domestica, quella di medico di famiglia. E nel momento in cui la famiglia era al centro degli interessi pubblici (elettoralistici) di tutte le fazioni. Oggi, pur rimanendo inalterato il nome (tanto la famiglia va sempre bene e ci tocca il cuore) il medico di famiglia è divenuto un burocrate statalista che, anzichè interessarsi ai problemi sanitari dei suoi assistiti (quelli quotidiani, i più spinosi, dove l'attenzione deve essere sempre alta) deve svolgere funzioni meramente amministrative (oltre a sostituirsi alle carenti strutture ospedaliere). La burocrazia entra sempre di più nello studio del medico di famiglia, facendogli assumere il ruolo di dipendente statale, e in barba al contratto collettivo nazionale: è bene ricordarlo, non configura un rapporto di lavoro subordinato, il medico di famiglia è un incarico libero professionale. Il medico di famiglia trascorre buona parte del tempo non più ad effettuare visite, a valutare le varie terapie, ma a prescrivere. Svolge insomma il lavoro cui è preposto, ed è in gioco anche la sua dignità. Non è dignitoso per il medico di famiglia dover dare informazioni circa le varie certificazioni su cui ruota gran parte del suo tempo, avere contatti diretti con i vari datori di lavoro per i certificati medici di malattia, dover usare più il computer che il fonendoscopio: tutto con dispendio di tempo, e riesce a svolgere il proprio lavoro con orari a di poco estenuanti. Orari che farebbero inorridire l'ultimo degli impiegati statali: le statistiche parlano chiaro, almeno quelle derivanti da fonti ufficiali e non quelle false pubblicate dai mass media di sistema. Hanno dovuto abbandonare l'antica arte medica per abbracciare, senza volerlo e loro malgrado, la burocrazia statale. Qualcuno obietterà che tutto questo è senz'altro a vantaggio del cittadino. Niente di più falso. Tutto è a vantaggio della Pubblica Amministrazione che, non riuscendo più a gestire nulla (come avviene in tanti settori della cosa pubblica) delega al medico di famiglia ogni rogna sanitaria, burocratizzandolo ogni giorno di più. A proposito,la retribuzione è sempre la stessa, e alla faccia dei premi alla professionalità montiana. L'ultima in ordine di tempo, e dopo le certificazioni on line, porta il medico di famiglia (secondo gli ultimi provvedimenti legislativi) obbligatoriamente ad indicare nella prescrizione medica il principio attivo: in Italia tutto diventa obbligatorio quando si vuole dare risalto a qualche intervento. La libertà del farmaco finisce in farmacia, salvo motivare in caso diverso. Per la prima volta si impone l'obbligo di motivazione al medico, e per una scelta che rientra nella sua valutazione e nella sfera della sua libera discrezionalità. Motivazione significa anche controllo sulla scelta del sanitario. Controllare significa sopratutto inibire la libertà della scelta farmacologica, l'atto più esclusivo della professione medica. Non si vuole fare il panegirico del medico di famiglia. Semplicemente spiegare che non si può appaltare per legge la libertà di cura alle lobby, elidendo di fatto la libertà di medici e pazienti. Ed in questa rivoluzione non vi sarà nemmeno un centesimo di risparmio, solo aumento di confusione sanitaria: quindi la già tristemente nota malasanità. Si ringraziano a nome degli italiani i medici seri e scrupolosi: ce ne sono, nonostante la favola sui presunti malcostumi con case farmaceutiche. Non ultima quella di un solone della farmacologia, molto noto per le continue partecipazioni a salotti televisivi, che continua a svolgere il proprio difficile lavoro con abnegazione, tanta competenza, soprattutto serietà. Al senatore Ignazio Marino, anche lui medico, ma di un altro ambiente, vorremmo ricordare la scarsa percentuale di incidenti professionali in cui sono coinvolti i medici di famiglia: quindi invitarlo a visitare (anche solo qualche volta) lo studio d'un normale medico di famiglia che onora la propria professione.

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