Perché medicina e territorio

Oggi il territorio, a parole, é al centro dell'attenzione dei politici e degli amministratori del Servizio Sanitario Nazionale. La medicina generale, da sempre alla prese con le criticitá del "territorio", dovrebbe essere il fulcro di tutto. Questo blog , perciò, vuole porsi come luogo di stimolo, di controllo, di esposizione dei fatti e di opinioni di parte (la medicina generale). Vuole interagire con quanti, interessati da questa "riforma" , vogliono condividere le proprie aspettative ,le proprie ansie , le proposte ,le denunce e non sono disposti ad essere considerati come semplici pedine. PARTECIPA SU FACEBOOCK (https://it-it.facebook.com/ ); ISCRIVITI AL GRUPPO " MEDICINA DEL TERRITORIO" SEGUI SU TWITTER : @Med_Territorio

martedì 10 aprile 2012

Medicina Generale : siamo alla svolta?

Care Colleghe e Colleghi,


spero che abbiate trascorso una serena Pasqua, perchè, al di là, della pausa, le problematiche che attanagliano la Medicina Generale nel nostro Paese sono sempre lì e, con il trascorrere del tempo, la categoria tutta è sempre sotto attacco. Purtroppo è sempre più evidente che il Territorio, a parole da rivalutare, è invece una preda ambita da altre figure che, complice la crisi economica e , diciamolo francamente, la nostra paura di affrontare le problematiche, tentano di entrare da protagoniste nel nostro campo di azione. La stessa Conferenza Stato - Regioni, sta valutando una ristrutturazione che ci posizionerà, non al centro degli interessi dei pazienti, ma a quello degli interessi del SSN. Ormai non c'è fine al peggio. Tutti tentano di dirci che cosa dobbiamo fare e come. Politici, nazionali e regionali, sindacati dei dipendenti, associazioni dei pazienti e sindacati delle professioni sanitarie. Lo scopo, a parole di difendere i pazienti, è chiaramente quello di occupare spazio a scapito del lavoro della medicina generale. Molte regioni, anzi, hanno iniziato a "spacchettare" la nostra attività, affidando a terzi, come nel caso dei Gregs lombardi e del "cronical care model" toscano, le cure dei cronici che dovrebbero essere al centro della nostra attività di medici di medicina generale. 
Di fronte a tutto ciò assistiamo a varie reazioni che vanno dalla semplice denuncia alla proposta di modelli, addirittura autofinanziati, di altre note sigle.
Di seguito riporto delle considerazioni, già sottoposte all'attenzione di molti di voi, che, credo, non abbiano perso di significato.
In questi momenti di crisi economica, vengono fuori i veri difetti intrinseci di tale sistema ( SSN finanziato con la fiscalità generale- modello Beveridge-); che sono:

1) Conflitto di interessi dello Stato;
2) Autoreferenzialità;
3) Assenza di effettivi controlli.

Il primo punto è determinato dal fatto che lo Stato è, al tempo stesso, programmatore, controllore ed erogatore dei servizi. Siccome lo Stato, vuol dire politica, si capisce il senso di tale osservazione:
Il secondo punto è, anch’esso, figlio del primo. Considerando, appunto, che c’è un conflitto di interesse dello Stato, gli obiettivi e le finalità degli interventi,, sono misurati ed approvati da organismi interni che sono , appunto, autoreferenziali. Non c’è un Autorità indipendente che li giudica, con le evidenti distorsioni che tutti noi vediamo.
Il terzo punto, escluso controlli contabili, è sotto gli occhi di tutti, laddove si considerano l’assenza di controlli sulla effettiva efficacia della spesa in termini di appropriatezza sanitaria degli interventi programmati. Infatti, come accennato sopra, i controlli sono solo di ordine contabile , in ciò esaurendosi, per il legislatore, il controllo di congruenza sulla spesa programmata. Nemmeno si chiedono se , con quei soldi programmati ( e immancabilmente spesi!) si è reso un effettivo servizio ai cittadini in termini di rapporto costo/beneficio.

Questi difetti, sono stati oggetto delle tre riforme ( 502/92, 517/93 e 229/99) che si sono succedute dal 1992. Data importante. Infatti è in quell’anno che viene firmato il famoso trattato di Maastricht che fissava le tappe per la costituzione della moneta comune europea, chiedendo, già da allora, maggior rigore nelle finanze di ogni singolo Paese. Il trattato individuava , anche nel welfare , una campo nel quale fare pulizia in termini economici. In Italia, come detto sopra, di welfare avevamo solo la Sanità. Già allora fonte di sprechi, clientelismo e politicizzazione. Nacquero così le Aziende sanitarie.
Dopo quasi vent’anni i difetti sono restati gli stessi. Nel frattempo, cosa hanno fatto i sindacati medici? Questa è la domanda alla quale dobbiamo una risposta. Analizzando “freddamente” i fatti dobbiamo distinguere due tipi di atteggiamento.
Il primo che definiremo “collaborazionista” parte dalla constatazione che il medico è un ingranaggio del sistema che, nell’ottica aziendale, deve produrre salute attenendosi agli obiettivi fissati dal governo. Tanto vale tirar fuori i maggior vantaggi possibili, senza stare a guardare tanto per il sottile cosa si fa. L’importante è non perdere i vantaggi economici.
Il secondo che definiremo “ costruttivo” parte dal presupposto che il medico è il centro del sistema e, quindi, è giusto essere renumerati per il proprio lavoro , in rapporto alle proprie capacità, in piena autonomia, senza, per questo, comunque chiamarsi fuori dal sistema che, riformato in senso aziendale, richiede competenza, efficienza ed efficacia.
Fin’ora il primo atteggiamento ha permesso una retribuzione, almeno per la medicina generale, avulsa da obiettivi e da rapporti di efficacia. I medici sono stati renumerati per compiti sempre più burocratico-assistenziali che non hanno mai messo alla prova, sul serio, le capacità professionali, in una comoda routine quotidiana da travet. Il problema è che, con la crisi economica, il livello politico ha messo in discussione questo modello ( collaborazionista) chiedendo conto di quanto si andava operando nel territorio che, improvvisamente, è diventato il posto sul quale programmare gli interventi, nel tentativo di ridurre il peso preponderante degli investimenti nelle costosissime strutture ospedaliere. Da qui, la spinta maggiore sulla privatizzazione del contratto e la divisione, famosa, della retribuzione nel 70 – 30; introducendo, per la prima volta, dei meccanismi di retribuzione ad obiettivi.
Il secondo atteggiamento ( costruttivo) che ha visto, da sempre ,lo SNAMI quale fautore; difficile da seguire, perché impegnativo per i colleghi e, perché, difende la dignità professionale del medico, ritenuto, a ragione, il centro del sistema, adesso sta emergendo e, proprio, quando un impostazione costruttiva potrebbe essere l’arma vincente, assistiamo ad una sorte di “depressione collettiva” che rende i colleghi refrattari a qualsiasi forma di proposizione attiva e cosciente.
Eppure Anzalone ci ha insegnato proprio questo. Mettere in discussione se stessi per essere valutati per la propria capacità professionale.
Ovviamente le proprie capacità si misurano con l’inserimento del medico nel sistema nel quale lavora, premiandone la professionalità, senza dimenticare lo scopo del SSN.
Non vedo, quindi, alcuna contraddizione fra l’insegnamento di Anzalone e il voler elaborare modelli che permettano alla Medicina Generale di riappropriarsi del territorio. Altrimenti siamo destinati alla marginalizzazione.
I modelli che i vari Stati, meglio varie realtà regionali europee, stanno adottando puntano tutti sulla valorizzazione del territorio, in un ottica di valutazione costo/beneficio, abbattendo il tabù del divieto di competizione fra pubblico e privato, purchè ciò porti all’efficienza degli interventi sanitari, senza mettere in discussione l’universalità dell’accesso al sistema e la libertà della scelta del luogo di cura.
Questi modelli vedono, per esempio in Italia, la Lombardia e la Toscana, rispettivamente con i CREG e il Cronical Care Model, dei primi tentativi di razionalizzare l’assistenza alle cronicità. La tragedia è che questi modelli vedono la medicina Generale fuori da questa programmazione! E’ sintomatico che, invece di valorizzare la medicina generale, le regioni la saltano completamente. Probabilmente, oltre che da considerazioni banalmente politiche, la medicina Generale si è fatta fuori da sola. Essa , seguendo il modello “collaborazionista” si è richiusa nelle costituende AFT e UCCP, dove si punta solo ad improbabili carriere, fine a se stesse e buone solo per i più scaltri. Ovviamente, laddove tali strutturazioni sono partite. Nelle altre realtà vedo un futuro ancora più nero.
In questi modelli prevale la logica che sarà il cittadino che porterà i finanziamenti alle strutture deputate all’assistenza. Queste strutture, infatti, verranno renumerate con una quota prestabilita, a fronte di determinati compiti ( assistenza ai cronici, per esempio). La quota, ovviamente, rappresenterà una certezza per gli amministratori che, in tal modo, potranno contare, già alla base, su sostanziosi risparmi. Il cittadino poi, farà il resto. Infatti a seconda quale struttura premierà con la sua scelta, determinerà la sopravvivenza, o meno, della struttura stessa. E’, quindi, mantenuto il rispetto dell’universalità e della libera scelta del luogo di cura.
In altre realtà regionali europee, si è addirittura passati oltre ( Spagna). Abbiamo anche le Cure primarie finanziate con una quota capitaria complessiva. Quindi l’Assistenza Primaria, l’urgenza e la specialistica devono misurarsi con una risposta complessiva ai bisogni sanitari del territorio alle cure primarie, appunto. Questo significa collaborazione fra le figure operanti e presa in carico dell’assistenza sanitaria del territorio che risolva, il più possibile, le problematiche di primo livello sul territorio riducendo il ricorso alle cure ospedaliere. Dai dati, ormai consolidati da circa 5 anni, il servizio funziona e piace alla popolazione ed, anzi, rafforza il rapporto di fiducia medico-paziente. Ovviamente ciò si confronta anche con un notevole risparmio per il SSN, in quanto il finanziamento pro capite ( per abitante /anno del territorio)è predeterminato .
Queste esperienze, soprattutto la seconda, hanno alla base una sfida. Quella della presa in carico , a livello del territorio, di funzioni che, fino ad ora, erano esclusive degli ospedali. Parlo delle cure delle cronicità medio-complesse, delle urgenze ( codici bianchi e/o verdi), delle prestazioni specialistiche in stretta collaborazione con la Medicina Generale. In una parola la riappropriazione del ruolo centrale della Medicina Generale che non può più ignorare le cresciute esigenze in termini di cure e di approccio alle malattie. Una rivalutazione professionale dei medici di medicina generale che devono mettersi in discussione, giorno per giorno e misurarsi professionalmente.
Possiamo discutere del come fare “sistema”. Ma non possiamo più ignorare quello che sta succedendo. L’alternativa è il declino della Medicina Generale così come la conosciamo. Se noi “fuggiamo” dal territorio, altre figure, o peggio, organizzazioni, spacchetteranno il nostro lavoro e noi, nella migliore delle ipotesi, finiremo per accentuare di più il nostro lavoro puramente burocratico a servizio,n on del paziente, ma di altro.
Il nostro sindacato, a mio avviso, deve trovare la strada per far fare “sistema” alla medicina generale, coniugando difesa della professionalità del medico, del rapporto duale medico-paziente e, al contempo, raccogliere la sfida che viene lanciata al territorio. Deve, cioè, identificare una strada sulla quale costruire un idea alternativa alla FIMMG, ma che, al contempo, abbia il coraggio di accettare il rimettersi in discussione professionalmente, al fine di riappropriarci del territorio.
Su questo noi dobbiamo, a mio parere, discutere al nostro interno. Perché se non costruiamo qualcosa di alternativo ed importante, la nostra militanza sindacale non avrà avuto un fine. Non c’è più spazio per chi tira a campare fino alla pensione; non è questa la mia idea. Anche perché, oltre a fare un cattivo servizio a noi stessi ( almeno per me) lo faremmo ai giovani colleghi ai quali, continuando su tale strada consegneremmo un futuro da sottopagati e paria del SSN.
A Torino, il 14 aprile, la Consulta delle regioni del nostro sindacato, con l'esecutivo e i responsabili nazionali dei settori della medicina generale, come da mandato del comitato centrale e del consiglio nazionale del 31 marzo e 01 aprile scorsi, inizierà un confronto costruttivo per dare una risposta unitaria alle nuove sfide. Esserci è essenziale.
Diamoci da fare per elaborare idee e dare risposte.

Pasquale Orlando
Segretario Organizzativo nazionale SNAMI


Nessun commento: